Il paradosso del mercato e la teoria dei giochi

Per un giorno non ci occupiamo di piattaforme di trading per forex o opzioni private, lasciamo spazio ad un intervento molto interessante sulla teoria dei giochi e il trading finanziario.

La teoria dei giochi è uno degli strumenti fondamentali della ricerca per quanti si occupano di capire la dinamica della complessa realtà socio-economica.

Pur non valendo assegnare una valenza paradigmatica o dogmatica a chi cerca di trarne imparzialmente una conclusione, ci si ritrova inconsapevolmente invischiati nel paradosso del mercato. Il mercato a sé stante è solo la struttura e non esprime la sintassi logica di un sistema regolamentato. Oppure è il mercato che ha insiti in sé elementi di natura finalisticamente cooperativa? Perché bisogna vedere, a priori, nel mercato l’esigenza della regolamentazione, del controllo?

Una tematica molto attuale sul fronte delle recenti critiche mosse alle agenzie di rating, le cui declassazioni sono anche stato l’effetto del boomerang in cui sono finiti molti titoli di spessore, facendo trovare molti risparmiatori in difficoltà. L’Italia (ed in particolare la Corte dei Conti) ha recentemente chiesto i danni alle principali agenzie di rating: Standard e Poors, Fitch e Moody. Uno dei più colpiti dalla bufera è quello da tutti conosciuto come il caso Parmalat.

Ciò ci serve anche da spunto per porre una questione:

  1. Il mercato del forex e gran parte dei mercati Otc (Over The Counter) sono basati sulla legge del banditore. Le uniche regole del gioco presenti dipendono dai contesti operativi, molti di essi ancora deregolamentati. E’ giusto cercare di dare una dimensione di imparzialità, ancorata ai fondamentali, al mercato o si tratta di tutta un’altra storia, in base alla quale va lasciato al mercato di seguire la propria rotta?
  2. La natura cooperativa va strutturata e necessita di regolamentazione e trasparenza, oppure bisogna lasciare che siano i vari attori a fare le proprie scelte, senza condizionarne definitivamente le loro azioni?

La teoria dei giochi, molto utilizzata per le applicazioni microeconomiche (l’economia delle scelte isolate verso l’aggregato, a partire dagli uni) serve anche per condurre tali ragionamenti, molto poco filosofici, e più pratici.

Un esempio tra i più conosciuti e studiati dagli studenti alle prime armi con l’economia è il “Dilemma del prigioniero”, in cui alla fine emerge un equilibrio cooperativo, di parziale ottimo (secondo ottimo), dato che il primo ottimo è vincolato alla scelta dell’altro, incerta e non prevedibile. Così, si percorre la strada meno incerta. Se ci si comportasse sulla base dell’esclusivo tornaconto, vi è il rischio che la scelta dell’altro lo vada a vanificare totalmente. Così, è come se si scegliesse una sorta di cooperazione velata, non potendo scegliere o concordare altre strade (nessuno sa cosa deciderà l’altro).

La teoria dei giochi è logica elementare, molto simile a quella adottata per le altri strumenti di trading, in quanto ci si trova di fronte ad un bivio di scelta del tipo: Cooperare; Non Cooperare.
E non è solo teoria, visto che non sono poche le applicazioni simulate rivolte anche, in tempo reale, al mondo non regolamentato o Over The Counter della borsa.
Le conclusioni che molti raggiungono è che non si tratta di utopia da liberisti o socialismo all’intenzione, ma il mercato è già di per sé un’istituzione e ha le sue leggi.

Ines Carlone, economista politico, si è laureata in Economia e commercio (indirizzo del corso di studi: Economia politica) con lode, discutendo una tesi su “Visioni del mondo e Teoria Economica”.